© 2025 Fabio Miotto

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Mercoledì 25 giugno è l’ultimo giorno che passeremo interamente negli USA e la voglia di tornare nel vecchio continente inizia a farsi sentire, perché una vacanza per quanto bella e indimenticabile deve inevitabilmente giungere al termine prima o poi, altrimenti non si può più chiamare vacanza.

 

Chiuso l’anello a Barstow ed avendo, come premesso all’inizio del racconto, depennato l’idea di tornare sulle coste dell’Oceano Pacifico dedicheremo questa giornata e quel che riusciremo a sfruttare della prossima a completare un paio di spot lungo la dorsale a sud-ovest di Barstow per poi dirigerci verso Tehachapi dove nel 2018 mi segnai alcuni punti interessanti che richiedevano un ripasso il giorno che sarei tornato da quelle parti: quel giorno è arrivato!

 

La mattina torniamo quindi al passaggio a livello di Hodge, proseguendo tuttavia lungo le sterrate per un’inquadratura più brulla. Riprendiamo giusto un paio di stack-train BNSF…

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…per poi dirigerci verso Helendale per l’inquadratura mattutina molto più appagante di quanto già non fosse quella messa in saccoccia una settimana prima. Qui il traffico è piuttosto movimentato: riprendiamo subito un bellissimo treno misto auto/container di Union Pacific…

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…un completo auto di BNSF…

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…un “doppio” treno per trasporto etanolo di BNSF. Doppio perché di fatto sono due treni in uno, disposti in modo simmetrico. Infatti, quanto ripreso nella foto è la metà di coda.

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Dopo un ormai classicissimo stack-train JB Hunt/Amazon di BNSF…

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…provo a cambiare inquadratura riprendendo più frontalmente un ultimo stack-train.

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Circa 80 miglia in pieno deserto di separano dal monumentale cementificio di Monolith, dove giungiamo dopo una lauta pausa pranzo a Kramer Junction, circa a metà strada. Giunti a destinazione il déjà-vu che mi pervade è abbastanza forte: questo spot, infatti, è dove tutto iniziò nel 2018. Una piccola area di sosta con panchine all’ombra degli alberi, con possibilità di avvistare i treni oltre 4 km prima che passino a tiro dei nostri obbiettivi, ci permette di passare un po’ di tempo in totale relax.

 

Un primo treno appare all’orizzonte, ci appostiamo con calma ma la foto viene bruciata da un treno incrociante. Individuato un secondo treno verso est nella webcam della stazione di Tehachapi, a poca distanza da qui, volo in auto e mi sposto sulla curva per una foto alla coda del treno che presenta ben due anzianotte Dash-9.

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Di nuovo di corsa in auto perché il segnale è a via libera per un treno verso ovest, la cui ripresa riesce finalmente con lo sfondo del cementificio.

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Con la luce ormai frontale e spuntato anche questo obbiettivo, ci dirigiamo verso l’ansa che la ferrovia compie nei pressi di Warren, poco a nord dello scalo di Mojave. Di questo spot ho visto e preso nota di molte foto in questi anni, ma non avevo ben inteso come si potesse raggiungerlo trovandosi discretamente distante da ciò che si può definire una strada “segnata”. In realtà si rivelerà piuttosto facile da raggiungere sfruttando le sterrate di servizio che conducono alle decine, forse centinaia, di pale eoliche qui presenti.

 

L’esercizio fisico qui è individuare il punto in equilibrio perfetto: troppo indietro e si risulterà troppo in alto rispetto al treno, troppo avanti e si rischia di finirci dentro al treno, scivolando sul pendio di sabbia levigata come fosse neve su cui sciare.

 

La visibilità da quassù è impressionante, decine e decine di miglia. L’attesa sarà un po’ snervante ma per fortuna, prima che la luce risulti critica, vediamo muoversi dietro la collina un corto convoglio di Union Pacific, di cui una parte dei carri sono probabilmente diretto proprio a Monolith. Le locomotive torneranno infatti poco dopo isolate, segno che molto distante da qui non sono andate.

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Tornando verso la civiltà ci fermiamo un attimo al passaggio a livello attraversato per raggiungere lo spot panoramico in quanto vediamo il segnale disposto a via libera. Con la bella e calda luce della sera un manifest di BNSF si arrampica verso il passo.

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Per l’ultima notte americana alloggiamo in un hotel proprio accanto all’ingresso dell’aeroporto/spazioporto di Mojave. Nella distesa di aerei venuti a riposare nel deserto in attesa di demolizione o chissà di una seconda vita, riusciamo ad individuare il maestoso Scaled Composites Model 351 Stratolaunch, di fatto l’attuale aereo più grande del mondo, con la particolarità della doppia fusoliera e dei sei motori: veramente una chicca!

 

È giunto ormai l’ultimo giorno della vacanza ma dato che il nostro volo partirà nel tardo pomeriggio da Los Angeles e che siamo a “solo” un paio d’ore di strada dall’aeroporto, decidiamo di sfruttare la mattina per due ultimi appostamenti, ovvero la versione mattutina degli ultimi due punti di ieri tra Mojave e Warren.

 

Lasciata la macchina a livello dei binari e guadagnato un buon punto di osservazione salendo sulla collina, ci godiamo l’ottimo traffico e in poco tempo portiamo a casa ben quattro scatti: uno stack-train BNSF, un manifest Union Pacific in salita con in spinta una locomotiva speciale, un mostruoso treno di grano BNSF e infine un altro manifest Union Pacific.

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Sazi di questa inquadratura, torniamo al passaggio a livello e montiamo il teleobbiettivo per un ultimo scatto ad uno stack-train BNSF (e cosa se no?) in discesa.

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Mettiamo la parola fine sull’argomento ferroviario di questa vacanza ed iniziamo ad entrare nel mood della cavalcata che in circa 24 ore ci riporterà nelle rispettive abitazioni. Dopo esserci rimessi abiti più consoni al cambio climatico che ci aspetta, e per clima intendo quello in aereo più che altro, torniamo dolcemente nella metropoli di Los Angeles dirigendoci per pranzo all’immortale In&Out Burger di Inglewood, famoso per il parchetto antistante da dove si possono osservare molto da vicino gli aerei in atterraggio sulla 24R del Los Angeles International Airport.

 

Assaporato l’ultimo double double e fatto il pieno per l’ultima volta riconsegniamo l’auto e in men che non si dica siamo al Terminal 3 dell’aeroporto. Oggi si vola Delta Air Lines, una scelta fatta per economia più che altro: N519DN, un Airbus A350-900 di circa due anni e mezzo, ci riporterà nel vecchio continente in poco meno di 10 ore. Non vedremo mai di fatto la notte dato che a queste latitudini e in questo periodo dell’anno il sole tramonta ma il suo bagliore resta evidente, soprattutto in quota. Il transito a Parigi si rivelerà meno rilassante dell’andata, opinione sicuramente condizionata dalla stanchezza accumulata e dal fuso orario ma anche dalla sosta, già più lunga di per sé, resa ancora più lunga da un considerevole ritardo del volo per Venezia. Poco male! La soddisfazione e l’esperienza che ci portiamo dentro fanno passare in secondo piano qualsiasi imprevisto, arrivati a questo punto.

 

Giunti a Venezia e risvegliati a schiaffi dal clima della Pianura Padana, che per altro mentre noi eravamo dall’altra parte del mondo si è scaldato per bene, percorriamo l’ultimo tratto di strada che ci separa dalle rispettive abitazioni, dove giungiamo a sera inoltrata, fantasticando fin da subito gli immancabili paragoni sulla dimensione di ogni cosa, sullo stile di guida, sul paesaggio. In fondo, però, è proprio a questo che servono le vacanze: tornare nel proprio quotidiano arricchiti di mille emozioni e con il cuore alleggerito dai frammenti lasciati dall’altra parte del mondo.

 

THE END?