© 2025 Fabio Miotto

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Passato il giro di boa temporale della vacanza, il lunedì toccheremo anche quello “fisico” ovvero il punto più a est del nostro itinerario, ancora più a est di quello che toccammo nel 2018. La giornata inizia al sovrappasso di Winona dove attenderemo parecchio prima di portare a casa almeno uno scatto: che il lunedì non fosse il giorno migliore della settimana per il traffico lo sapevamo, ma ci accontenteremo.

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Ci reimmettiamo quindi nella I-40 in direzione est fino all’uscita di “Two Guns” da dove una “strada” di circa quattro miglia a tratti sterrata, a tratti rocciosa, ci conduce sul bordo del Canyon Diablo dove un imponente ponte metallico consente alla ferrovia di attraversarlo. E qui è doverosa una parentesi storico-culturale su questo luogo.

 

Il Canyon Diablo, il cui nome è la traduzione inglese dell’originale nome dato dai nativi, è un canyon profondo circa 70m. Un taglio piuttosto netto nell’immensità di quest’area dell’Arizona a oltre 1600m di quota. Nei pressi della località fantasma di Two Guns, da cui il nome dello svincolo dell’interstatale, è attraversato appunto dalla I-40, in sostituzione del precedente ponte che fu parte della Route 66. La prima infrastruttura ferroviaria risale invece al periodo 1882-1893, un impressionante ponte a traliccio che durò fino al 1947, quando venne rimpiazzato dall’attuale ponte più robusto che consentì un aumento di velocità di transito per i treni. Canyon Diablo è anche il nome del paese fantasma nato durante la costruzione del primo ponte e poi appunto abbandonato. Oggi rimangono pochi ruderi, in particolare del cimitero. Del vecchio ponte ferroviario invece rimangono le fondazioni, ben visibili sul fondo del canyon.

 

Confesso che trovarsi in questo luogo così remoto dove, complice anche il poco traffico ferroviario, l’unico rumore è quello del vento ci ha lasciato sensazioni forti.

 

Nonostante il clima piuttosto piacevole, a farci sudare sarà la lunga attesa per un transito. Porteremo a casa due scatti, entrambi molto fortunati in quanto trattasi di due treni in viaggio verso ovest con spinta a favore di luce. Il primo oltretutto presenta una locomotiva Canadian Pacific in favore di obbiettivo. Stante il paesaggio totalmente pianeggiante e l’impossibilità di apprezzare al meglio la vastità del luogo stando a quota umana, decido di alzare il drone e sfidare il vento. Il risultato è veramente appagante!

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Altre due foto dal basso, una al medesimo treno e una ad un manifest BNSF.

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Questo era il nostro giro di boa. Ripercorriamo le quattro miglia di sterrata che ci separano dalla “civiltà”, tirando un bel sospiro di sollievo quando incontriamo nuovamente l’asfalto e altre forme di vita umana, e percorriamo un bel pezzo di strada fino a Seligman dove giungiamo per ora di pranzo. Va però raccontato un aneddoto accaduto nei primi metri di strada lasciando Canyon Diablo che richiede un bel passo indietro: martedì 17 giugno, prima di iniziare il tour fotografico, ci fermammo in un supermercato di Venice per fare rifornimento di acqua e snacks da tenere in macchina. Tra questi una bella confezione di tortillas di mais, dal profumo abbastanza deciso. Nei giorni successivi Andrea decise che il cruscotto della nostra Escape poteva diventare la teglia perfetta su cui scaldarle sotto il sole di mezzogiorno. Ebbene, nel bel mezzo del nulla, mentre alcune tortillas si stanno scaldando sul cruscotto, una frenata decisa e non prevista le fa scivolare in avanti. Una viene bloccata dai riflessi di Andrea, una si ferma a metà strada e riusciamo a recuperarla con delle piccole pinzette, mentre una terza scompare “da qualche parte”…

 

A Seligman, dopo aver pranzato nello stesso locale dove ci fermammo nel 2018, ci rechiamo lungo le sterrate per guadagnare un punto di osservazione rialzato. Siamo discretamente in ritardo sulla tabella di marcia, al punto che l’inquadratura che guarda verso ovest risulta già compromessa come luce, ma aspettiamo comunque un paio di treni: uno è lo stesso fotografato a Canyon Diablo, che probabilmente si è fermato durante il tragitto fino a qui.

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Un lungo stack-train avanza lentamente alle nostre spalle, fino a fermarsi. Per fortuna gli ultimi carri sono vuoti e complice il fatto che i due binari in questo punto si allontanano tra loro, il manifest che incrocia riusciamo a fotografarlo.

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Resomi conto che da questa collina si apprezza una buona visuale anche alle nostre spalle, per altro con la luce più a favore, attendiamo un altro manifest…

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…per poi spostarci allo spot più avanti che avremmo dovuto battezzare sabato ma che abbiamo rimandato per la lunga attesa a Valentine.

 

Anche qui l’attesa sarà notevole e anche un po’ snervante, almeno per me, in quanto memore dell’amaro in bocca lasciato al passaggio nel medesimo punto nel 2018, quando ce ne andammo con un solo scatto ad una spinta “girata male”. E quando ci si mette di mezzo un certo Murphy non bastano sette anni di attesa per cambiare le sorti del gioco e anche questa volta ce ne andremo con un compromesso. Vediamola così: poteva andare peggio! Senza il cambio di senso di marcia dei treni messo in atto recentemente, il treno pieno avrebbe coperto quello vuoto e saremmo tornati a casa letteralmente a mani vuote.

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Avendo ancora da percorrere un bel po’ di strada fino a Needles, in California, usciamo dal dedalo di sterrate e ci fermiamo giusto ad una stazione di servizio per fare il pieno, non prima di aver constatato che la terza tortillas è ancora in macchina e dopo due ore sotto il sole il suo “profumo” si sente un po’ troppo. Mentre Andrea con un lampo di genio e una manovra da meccanico provetto fa scivolare fuori dal filtro dell’aria quel che rimane della tortillas, facendoci tirare un sospiro di sollievo, una spia e un suono di allarme ci fa cambiare subito umore: bassa pressione pneumatici! Penso “vabbè, sarà stata un po’ sgonfia fino ad adesso e la posizione in cui l’abbiamo parcheggiata per due ore sulle sterrate avrà alterato un po’ la percezione del sensore”, per cui mi limito a gonfiarla un po’ e ci avviamo verso ovest, fermandoci per cena a metà strada, ovvero a Kingman. Giungiamo in quel forno ventilato che è Needles, anche a quest’ora della sera, e qui mi rendo conto che lo pneumatico si è nuovamente e rapidamente sgonfiato: è evidente che abbiamo bucato, seppur in modo leggero.

 

La mattina successiva non mi resta che mettermi in contatto con l’assistenza dell’autonoleggio spiegando la necessità di cambiare auto, trovandoci impossibilitati a riparare il danno e non potendo restare totalmente a piedi nel mezzo della vacanza. Grazie all’aiuto della receptionist dell’hotel individuo una filiale dell’autonoleggio a poche miglia da qui e convinco l’assistenza telefonica a farmi trovare un auto sostitutiva proprio lì. E così con poca rinuncia sul programma della giornata, salutiamo l’Escape e ripartiamo con un VW Taos, purtroppo non più 4x4.

 

Anche se un po’ in ritardo riusciamo a non depennare alcun punto dal programma e ci rechiamo subito a Topock, in Arizona, per l’inquadratura mattutina che include il ponte sul fiume Colorado. Riprendiamo un mostruoso treno di granaglie con intrusa Norfolk Southern alla trazione.

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Quindi salutiamo definitivamente l’Arizona e muoviamo verso ovest fermandoci in diversi punti. Tra Needles e Goffs è stato recentemente attivato un terzo binario quindi le inquadrature risultano un po’ diverse da come le ricordavo. A Klinefelter guadagniamo con qualche difficoltà un parcheggio per la macchina in cima ad una collina (e si, l’assenza del 4x4 si fa sentire subito) e riprendiamo un paio di treni.

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Di sfondo si può notare una discreta coltre nuvolosa, la prima di tutta la vacanza, che quest’oggi qualche fastidio ce lo darà. Bisogna anche ammettere che iniziamo ad accusare la stanchezza mancando poco più di due giorni alla fine della vacanza. Continuiamo imperterriti verso ovest lungo la I-40 fino all’uscita di Kelbaker Road, una sottile e presso che dritta striscia di asfalto di 11 miglia che collega la I-40 con la Route 66, che noi percorreremo ancora per qualche miglia fino al passaggio a livello di Amboy. Ci fermiamo nell’area di servizio che conserva alcuni elementi storici diventati attrazione turistica per chi percorre la Mother Road non mancando l’appuntamento con uno scatto tipicamente di queste zone.

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Scattiamo giusto ad un paio di treni dato che la luce, tra ora del giorno e nuvole che ora sono sopra di noi, è diventata poco gradevole.

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Cotti in tutti i sensi del termine inganniamo il tempo con un’escursione nei pressi dell’ex vulcano qui presente e continuiamo a percorrere la Route 66 attraversando località dai nomi decisamente discordanti tra loro: Bagdad, Siberia, Klondike. Ci fermiamo nei pressi di Ash Hill, culmine della linea, per riprendere i treni mentre affrontano la salita sul lato est. Un corto stack-train che sale lentamente è l’occasione per un doppio scatto prima con il teleobbiettivo che dona imponenza allo sfondo e poi con una visuale un po’ più ampia.

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Altro spostamento fino a Ludlow per battezzare l’inquadratura pomeridiana che merita tanto quella mattutina, meritatamente castigata qualche giorno prima. Superata la coltre nuvolosa e lasciate alle spalle le ore centrali del giorno, la luce inizia decisamente a migliorare. Riprendiamo uno stack-train parzialmente vuoto in coda, ma nella foto i treni ripresi sono ben due. Aguzzando la vista al centro dell’immagine, infatti, si nota un “cumulo” di container colorati: si tratta di un treno gemello in viaggio verso est ancora visibile nonostante sia a ben cinque miglia da noi!

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Persa la possibilità di doppiare il medesimo treno fotografato a Ludlow nel punto successivo, causa piccolo errore di svolta sull’interstatale invece che sulla strada interna, ci spostiamo fino a Pisgah dove attendiamo di riprendere un treno abbastanza lungo da poter apprezzare il saliscendi dei binari: accontentati!

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Esauriti di fatto i punti programmati, ma con la volontà di recuperare un po’ le ore perse causa nuvole, restiamo in zona per un paio di scatti a due treni vuoti.

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Per poi tentare un ultimo appostamento sul filo del tramonto poco prima di Barstow, in un tratto di linea comune BNSF/Union Pacific, ovvero nel pressi del bivio della linea UP che sale verso Las Vegas. Nel poco tempo a disposizione porteremo a casa solo un secondo scatto ad uno dei due treni vuoti ripresi poco prima a Pisgah.

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Anche per oggi è tutto, torniamo a Barstow nel medesimo hotel che ci aveva ospitato la sera di mercoledì 18, come a voler metaforicamente chiudere in modo preciso l’anello percorso.

 

Continua…